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32 anni dalla strage di via D’Amelio: un atto di terrore che non ha cancellato il ricordo di Paolo Borsellino e della sua scorta

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19 luglio 1992, una data che rimarrà scolpita nella memoria.
Alle 16.59 di quella domenica estiva, una Fiat 126 carica di esplosivo, parcheggiata in via Mariano D’Amelio a Palermo, si portò via le vite del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
I loro nomi resteranno per sempre nella storia.

Un attentato comandato da Cosa Nostra, proprio sotto casa della madre del giudice Borsellino, a pochi mesi dalla strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio sempre dello stesso anno.
Un doloroso colpo per l’Italia, che in pochi mesi perde i due giudici simbolo della lotta contro Cosa Nostra, uccisi insieme ai loro angeli.
Tra gli angeli del giudice Borsellino, Emanuela Loi, una giovane donna di 24 anni, nata a Sestu, un paese a pochi chilometri da Cagliari, con il sogno di diventare maestra.

Tentata dal concorso in polizia, lo passò nel 1989 con il massimo dei voti e frequentò successivamente il corso di addestramento di 6 mesi presso la Scuola Allievi Agenti di Trieste.
Poco più che 20enne Emanuela affrontò il primo distacco dalla famiglia, alla quale era molto legata, e fu poi destinata a Palermo, in una terra in quegli anni martoriata dagli attentati, nei quali le forze dell’ordine insieme con la magistratura erano le vittime.

La notizia dello sconvolgente attentato in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini di scorta scosse profondamente i poliziotti, che si sentivano ancora più vulnerabili.
Ma il senso del dovere fu più forte della paura, quando le comunicarono che sarebbe entrata a far parte delle scorte. Il 17 luglio fu assegnata a Paolo Borsellino, magistrato che più di tutti aveva lavorato fianco a fianco con Giovanni Falcone, che nell’incontrarla disse: E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei“.

Il primo giorno di scorta andò liscio.
Il secondo no.
Paolo Borsellino andò a salutare l’anziana madre, e lì trovò la morte, insieme ai suoi angeli, tra i quali Emanuela Loi, la prima poliziotta a restare uccisa in servizio.

Il 5 agosto 1992 a Emanuela Loi è stata conferita la Medaglia d’Oro al valor civile per la dedizione e il coraggio espressi nel servizio, fino al sacrificio della propria vita:
“Preposta al servizio di scorta del giudice Paolo Borsellino, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia, assolveva il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere.
Barbaramente trucidata in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni“.

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