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33 anni dalla strage di via D’Amelio. Il ricordo di Emanuela Loi, la nipote che porta il nome e il coraggio della zia

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Sono passati 33 anni dalla strage di via D’Amelio, in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, tra cui la giovane poliziotta Emanuela Loi.
Oggi, a ricordarla è la nipote che porta il suo stesso nome, ha 32 anni e indossa la divisa come lei.
Nel corso della cerimonia della polizia nella caserma “Pietro Lungaro” di Palermo, Emanuela ha voluto rendere omaggio alla zia leggendo una commovente lettera a lei dedicata.

“Nonostante io non abbia avuto la fortuna di conoscerti, sento una profonda connessione con te.
Il tuo nome, che porto con orgoglio, è un costante promemoria del tuo coraggio e della tua dedizione alla giustizia. 
La tua storia, il tuo sacrificio mi hanno insegnato l’importanza di lottare per ciò che è giusto, anche di fronte alle difficoltà”.


“Sono orgogliosa di poter continuare, in qualche modo, i tuoi passi.
A volte, sento come se stessi vivendo la tua vita, come se i tuoi sogni e le tue passioni fossero anche i miei.
Mi chiedo se avremmo avuto gli stessi interessi, se avremmo riso insieme delle stesse cose. 
Il pensiero di non aver potuto condividere questi momenti con te è un dolore che non riesco a descrivere”.


“Vorrei poter ringraziarti per l’esempio che hai lasciato, per la forza che hai dimostrato e per l’ispirazione che continui a essere per me e per tutte le persone che fanno il nostro lavoro
Spero di poter onorare la tua memoria vivendo una vita che rifletta i tuoi valori e la tua passione per la giustizia.
Sarò sempre grata per l’eredità che hai lasciato e per l’amore che mi hai sempre trasmesso”.

E conclude:
“Spero che, in qualche modo, tu sia orgogliosa di me.
Grazie per avermi ispirato a essere una persona migliore”.

Il 19 luglio 1992 è una data che continua a segnare profondamente la coscienza del Paese.
In quel pomeriggio d’estate, alle 16:59, una Fiat 126 imbottita di esplosivo, parcheggiata in via Mariano D’Amelio a Palermo, esplose mentre il giudice Paolo Borsellino si recava a far visita alla madre.
In quell’attentato persero la vita anche gli agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Un attentato comandato da Cosa Nostra, proprio sotto casa della madre del giudice Borsellino, a pochi mesi dalla strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio sempre dello stesso anno.
Un doloroso colpo per l’Italia, che in pochi mesi perde i due giudici simbolo della lotta contro Cosa Nostra, uccisi insieme ai loro angeli.
Tra gli angeli del giudice Borsellino, Emanuela Loi, una giovane donna di 24 anni, nata a Sestu, un paese a pochi chilometri da Cagliari, con il progetto di diventare maestra.

Tentata dal concorso in polizia, lo passò nel 1989 con il massimo dei voti e frequentò successivamente il corso di addestramento di 6 mesi presso la Scuola Allievi Agenti di Trieste.
Poco più che 20enne Emanuela affrontò il primo distacco dalla famiglia, alla quale era molto legata, e fu poi destinata a Palermo, in una terra in quegli anni martoriata dagli attentati, nei quali le forze dell’ordine insieme con la magistratura erano le vittime.

La notizia dello sconvolgente attentato in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini di scorta scosse profondamente i poliziotti, che si sentivano ancora più vulnerabili.
Ma il senso del dovere fu più forte della paura, quando le comunicarono che sarebbe entrata a far parte delle scorte.
Il 17 luglio fu assegnata a Paolo Borsellino, magistrato che più di tutti aveva lavorato fianco a fianco con Giovanni Falcone, che nell’incontrarla disse:
E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei!”.

Il primo giorno di scorta andò liscio.
Il secondo no.
Paolo Borsellino andò a salutare l’anziana madre, e lì trovò la morte, insieme ai suoi angeli, tra i quali Emanuela Loi, la prima poliziotta a restare uccisa in servizio.

Il 5 agosto 1992 a Emanuela Loi è stata conferita la Medaglia d’Oro al valor civile per la dedizione e il coraggio espressi nel servizio, fino al sacrificio della propria vita:
“Preposta al servizio di scorta del giudice Paolo Borsellino, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia, assolveva il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere.
Barbaramente trucidata in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni“.

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