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Giro di Sardegna a nuoto: Corrado Sorrentino dona 51 mila euro al Microcitemico di Cagliari in memoria di Amelia

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700 km, 58 tappe, con una media di tre ore di nuoto al giorno: è stata questa la missione compiuta dal 48enne tre volte campione nazionale di nuoto Corrado Sorrentino. Un giro della Sardegna a nuoto che ha permesso di raccogliere fondi a nome di Amelia, l’Associazione nata poco dopo la morte improvvisa nel 2018 della figlia di Sorrentino, a soli 7 anni. Una bimba portata via in una settimana a causa di una rara patologia intestinale di cui nessuno si era accorto. Un fortissimo mal di pancia, la perdita di conoscenza, ai quali sono seguiti due interventi chirurgici che non sono riusciti a strappare la piccola alla morte.

Partito il 1 luglio da Marina Piccola a Cagliari, Corrado Sorrentino ha completato il suo giro il 28 agosto, tornando al punto dal quale era partito. Al suo arrivo Sorrentino ha trovato una folla di sostenitori che aspettavano di festeggiare con lui l’importante ed emozionante traguardo.

A qualche giorno dal termine dell’impresa, il papà di Amelia ha tracciato un primo bilancio dell’iniziativa: 51 mila euro raccolti, una cifra che cresce di continuo con nuove donazioni in arrivo. “Un obiettivo pienamente raggiunto – ha commentato Corrado Sorrentino -, perché il costo del macchinario è di 19 mila euro. Abbiamo già firmato per l’acquisto e a giorni i macchinari per il monitoraggio multiparametrico verranno consegnati al reparto di Oncoematologia Pediatrica del Microcitemico di Cagliari. Tutto ciò che rimane resta nelle casse dell’Associazione in attesa di poter sviluppare altri progetti, sempre negli ospedali sardi, con il sogno di creare una terapia intensiva pediatrica”.

Su Instagram Sorrentino ha poi pubblicato una foto dell’evento, accompagnata da toccanti parole: “solo io so quante volte ho pianto mentre nuotavo pensando ad ♥️Amelia♥️ e ai bambini che soffrono o che come lei sono passati nella nostra vita per darci uno scopo.
Tutte le volte mi ripetevo che avrei dovuto avere pazienza, che non avrei dovuto mollare e che quel dolore sarebbe durato molto tempo, ricordando i 5 giorni assurdi in ospedale in cui mi guardavo allo specchio e mi dicevo “non è finita, non mollare, dai il massimo per lei e aiutala ad uscire da questa situazione”, non sapevo come sarebbe finita ma il mio cuore mi guidava nonostante la disperazione”.

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