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Angelo Domenghini: “Ho vinto tanto, ma lo scudetto di Cagliari è tutta un’altra cosa”

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L’ex attaccante rossoblù Angelo Domenghini nel corso di un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha ripercorso la sua carriera e ha ricordato la grande impresa del Cagliari, Campione d’Italia 1970.
Angelo Domenghini, detto Domingo, classe 1941, grandissimo protagonista del più bel Cagliari di tutti i tempi. Ha vinto la Coppa Italia con l’Atalanta, due scudetti con Mazzola e uno con Gigi Riva. È nato a Lallio nel bergamasco, vive a Liscia di Vacca in Costa Smeralda.

“Non avevo niente, ho vinto tutto. Mio padre aveva un’osteria, eravamo in nove fratelli, sei femmine e tre maschi. Eravamo molto poveri, dormivamo in nove in due camere” ha ricordato Domingo.
Il momento più bello? Tutti. Come fai a scegliere? All’Inter eravamo una grandissima squadra, ma i giornalisti parlavano sempre di Mazzola, Suarez, Corso. E poi Corso, Suarez, Mazzola. Giusto, erano bravi, erano le stelle. Ma anch’io facevo qualcosa. Io non voglio dire che sono stato sottovalutato, ma forse, dico forse, meritavo un po’ più di attenzione. Anche in Nazionale. Si parlava solo di Riva, Rivera, Mazzola, Boninsegna. Ogni tanto anche di Domenghini. Anche a Cagliari: lo scudetto vinto è stato, per molti analisti e osservatori, solo lo scudetto di Riva. Certo, Gigi meraviglioso, grandissimo, formidabile. Ma c’ero anch’io, per la miseria. Per fortuna Gigi e gli altri non se la tiravano e sapevano cosa facevo“.

Non voglio lamentarmi, né fare discorsi di confronti – ha aggiunto. Ma di riconoscimento e riconoscenza. Il calcio mi ha dato moltissimo: successo, notorietà, benessere. Non mi ha tolto niente, o poco. Ho vinto tanto. Con l’Atalanta nella mia Bergamo. Con l’Inter, con la Nazionale e con il Cagliari. Certo, lo scudetto di Cagliari è tutta un’altra cosa, una dimensione diversa. È stata la vittoria di una città, di una regione, la vittoria della gente, un calore unico e indimenticabile.
Io adesso sono qui, in Sardegna, in un buon posto, a cento metri da un mare stupendo e lo devo al calcio e al Cagliari. L’unico, triste rammarico è che molti compagni e amici si sono staccati e persi. Io ascolto, sì, i miei acciacchi, ma penso ai miei figli, ai miei quattro nipoti e guardo il mare“.

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