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Calcio e solidarietà. Pavoletti: “Siamo tutti chiamati a dare una mano”

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Leonardo Pavoletti, un cuore grande non solo in campo ma anche fuori.
Il capitano del Cagliari si è infatti unito ai volontari di Domus de Luna, che con dedizione sostengono le famiglie più fragili, distribuendo ogni settimana cibo, sorrisi e abbracci a chi ne ha più bisogno.
Un esempio di impegno sociale e solidarietà, testimoniato anche nella campagna nazionale Un Piccolo Abbraccio, una raccolta fondi orientata a sostenere le famiglie in condizioni di povertà e con figli molto piccoli.  

Intervistato da Vita.t, Leonardo Pavoletti ha parlato del suo importante impegno al fianco di Domus de Luna.
“Ci siamo messi in contatto con il fondatore Ugo Bressanello, con cui ci siamo trovati subito in sintonia.
Abbiamo programmato una serie di appuntamenti e siamo in procinto di fare anche altre cose simpatiche e importanti.
Con la consapevolezza che non posso cambiare il mondo.
Però ci sono tanti disagi che affliggono la nostra società e quindi siamo tutti chiamati a dare una mano, perché i problemi non si risolvono da soli”.

“Oggi il calciatore, rispetto ai decenni passati, secondo me è cambiato – ha aggiunto Pavoletti.
Siamo persone molto più acculturate e sensibili, siamo attenti ai problemi sia economici che sociali“.
La voglia di impegnarmi seriamente nel sociale mi è venuta soprattutto quando sono diventato padreha spiegato il capitano rossoblù.
“Con la paternità ho capito quante esigenze hanno i bambini e di quante attenzioni necessitano.
Quindi capisco quelle famiglie che magari hanno un solo stipendio e fanno fatica ad arrivare a fine mese. Penso, per esempio, a un genitore che torna a casa amareggiato perché non riesce ad accontentare i figli e ha bisogno di una mano d’aiuto.
Nel tempo libero a mia disposizione posso dare un piccolo contributo, non tanto in termini di soldi o di pubblicità ma proprio mettendoci la faccia: perché si può parlare per ore di tante cose belle ma se poi non sei il primo a sporcarti le mani, a essere pronto sul campo, il messaggio non risulta così sincero e concreto”.

Non sapevo se fossi all’altezza, ma non lo sai sinché non ci provi” ha spiegato Pavoletti.
Ora che conosco un po’ meglio i bambini, riesco ad arrivare al cuore anche con piccoli gesti.
Di recente siamo andati in una Casa famiglia di Domus de Luna che accoglie mamme con bambini vittime di abusi.
È stata un’esperienza che mi ha toccato moltissimo.
Siamo stati lì due ore, a giocare. Una giornata normalissima, con bambini che oggi vivono serenamente in famiglia, senza mostrare apparentemente le ferite emotive provocate da un padre violento o da altre terribili esperienze.
Li ho visti felici. Ma hanno vissuto dei momenti durissimi che io non ho mai conosciuto.
Questo mi ha spronato a dare loro una mano“.

Pavoletti ha poi raccontato un po’ di sé.
“La mia è una famiglia tranquilla, normale, di persone che hanno sempre vissuto del lavoro.
Mio padre era maestro di tennis, lavorava solo la mattina o il pomeriggio, dunque aveva del tempo per seguirmi.
Mi stava dietro, lasciandomi però la libertà di poter sbagliare qualcosa.
Mia mamma, una volta laureata in Scienze della formazione, ha iniziato a insegnare alla materna.
Tutte le sere si mangiava insieme e la domenica si trascorreva tutta la giornata insieme.
Io faccio lo stesso con i miei figli.
La presenza costante dei genitori è fondamentale, dà le basi per non sbagliare troppo in certi frangenti.
Ti dà quella sicurezza e quegli strumenti che ti torneranno utili quando starai per farla grossa e tuo padre e tua madre non sono lì con te.
Allora capirai e ti accorgerai che devi fare un passo indietro.
Capita a tutti di essere influenzati da fatti o amicizie negative, però devi essere bravo a non seguire il branco, come stava accadendo a me“.

Un capitano molto preciso e puntuale.
“Sì, credo di aver preso questa qualità da mia madre – ha commentato Pavoletti. Ha una mentalità tedesca, viene da una famiglia militare e quindi è super applicata in tutto.
Ricordo che, quand’ero un ragazzo, studiavo il minimo indispensabile e lei era talmente preoccupata che quasi non mi voleva far andare a scuola perché, diceva, avrei fatto fare una figuraccia alla famiglia“.

Pavoletti ha poi ricordato: “Una volta mi sono rotto un legamento crociato, stupidamente, giocando dopo cena con un compagno di squadra.
Ho fatto una delle più grandi sciocchezze della mia vita.
Quindi, oltre a rimetterci un po’ di soldi, ci stavo perdendo la faccia: perché, in un mondo come questo, ogni giorno è denaro per la società e per tutte le persone che ci lavorano.
Oltre al danno che mi sono procurato da solo, ho creato problemi alla società e alla squadra.
Non ho bluffato, ho detto la verità e chiesto scusa, assumendomi le mie responsabilità.
Oggi sono molto cambiato“.

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