Il centrocampista rossoblù Nicolas Viola, fresco di laurea in psicologia, ha raccontato la sua scelta nel corso di una lunga intervista al Corriere della Sera.
“Faccio il lavoro più bello del mondo, ma quando diventi padre ne inizi un altro che porta con sé responsabilità ben diverse: per educare i miei figli ho scelto di rieducare me stesso e di migliorarmi come persona”.
“Sono cresciuto in Calabria – ha aggiunto -, con dei genitori fantastici in una terra magnifica, però in una cultura un po’ chiusa.
Ho dovuto staccarmi un po’ dal cordone ombelicale, per capire tante cose su me stesso e sulla mia famiglia: oggi non ho più un’immagine paterna castrante, ma ho un padre a cui voglio bene“.
I tatuaggi come una corazza
“Per anni non sono riuscito a esprimere sentimenti, emozioni, paure e l’ho fatto attraverso l’arte del tatuaggio, facendo parlare il mio corpo: avessi dialogato di più con mio padre, forse avrei qualche tatuaggio in meno“.
La passione per l’arte
“Lunedì sono stato a Biella alla fondazione Pistoletto, un artista eccezionale, che ha fatto un progetto che riguarda l’arte e il calcio”.
“Volevo fare l’Accademia delle Belle Arti, ma poi ho scelto il calcio. La passione del disegno la rivivo coi miei figli, che riconoscono già Van Gogh o Manet. Un orgoglio“.
Dopo la vittoria dei playoff ha detto ai tifosi: ‘Dite alle vostre donne che sono belle come un gol di Pavoletti al 95’‘.
“Confermo! Un gol bellissimo, un’emozione unica“.
La psicologia in panchina
“È un lavoro difficilissimo, ma io vedo Ranieri, un maestro dell’empatia: è così intelligente che la usa senza che tu nemmeno te ne accorga“.